I disturbi del comportamento alimentare e gli stili di vita inadeguati sono due comportamenti patologici che si possono sovrapporre e/o susseguire nella stessa persona e che comportano dei danni riproduttivi poiché il processo riproduttivo è intimamente connesso con l’apporto nutrizionale e le scorte energetiche.
E’ necessario rinnovare gli sforzi, soprattutto da parte degli endocrinologi – ginecologi, per prevenire l’obesità nelle donne in età riproduttiva così come riequilibrare l’eccessiva perdita di peso; infatti, lo squilibrio energetico e la malnutrizione sono fattori che inducono sub-fertilità.
All’interno dei rapporti patologici tra alimentazione e riproduzione distinguiamo due grandi gruppi: i disturbi del comportamento alimentare (DCA) e le alterazioni della qualità dei gameti dovute a stili di vita inadeguati. In realtà, la fisiopatologia dei problemi riproduttivi non è molto diversa nei due gruppi, ma diversa è la patologia di pertinenza psichiatrica che è presente nei DCA, mentre nel caso degli stili di vita inadeguati sono in gioco complesse dinamiche sociali e personali sino a costituire abitudini malsane, poco idonee a sostenere con successo un progetto riproduttivo.
I disturbi del comportamento alimentare comprendono l’anoressia (AN), la bulimia (BN), cioè grandi scorpacciate seguite da condotte di eliminazione), le ‘abboffate’ senza metodi di compenso (BingeEating o BE) e i DCA non altrimenti specificati (EDNOS, ovvero l’alimentazione notturna, la pica o allotriofagia, la ruminazione, ecc.), mentre gli stili di vita inadeguati comportano squilibri tra nutrizione e spesa energetica, sia in difetto (per carenze alimentari o per intensa attivitàfisica),sia in eccesso (per vita sedentaria associata ad eccesso calorico e abuso di cibi). Questi due comportamenti patologici, che si possono sovrapporre e/o susseguire nella stessa persona, comportano danni riproduttivi, poiché il processo riproduttivo è intimamente connesso con l’apporto nutrizionale e le scorte energetiche.
L’identificazione di un DCA non è problema banale; da un’indagine australiana si evidenzia che, pur ritenendo molto importante indagare sulla presenza di un DCA, solo il 35% di ginecologi esperti in medicina della riproduzione procede in tale indagine nella pratica clinica. Può capitare, quindi, che un DCA non venga riconosciuto e che una donna sterile, affetta da DCA, non affronti i trattamenti per il disturbo del comportamento alimentare, ma per la sterilità, con ricadute negative sulla sua salute mentale e sull’esito dei trattamenti. Se, invece, insorge una gravidanza, questa più probabilmente presenterà una forma di patologia (IUGR – insufficienza di crescita intra-uterina – …) e qualora vi sia una gravidanza a termine, il nascituro probabilmente presenterà danni neuro-cognitivi e DCA da adulto.
Pazienti che presentano la Sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS) possono con elevata frequenza manifestare vari tipi di DCA (BN, BE, EDNOS), in particolare le pazienti con più elevati livelli di ansia, indipendentemente dalla presenza di obesità. Il meccanismo che sottintende l’infertilità però è sempre lo stesso sia in caso di DCA, sia in caso di stile di vita inadeguato: in presenza di una condizione di stress nutrizionale e/o fisico, deficit o eccesso di substrati energetici, risulta utile redistribuire le risorse energetiche per la sopravvivenza, invece di destinarle a un costoso progetto riproduttivo. Questo tipo di infertilità oggi paradossalmente prevale nelle società occidentali, dove nonostante il benessere e il controllo delle patologie infettive, è presente in circa il 9% della popolazione in età riproduttiva (dal 3,5% al 16,7% dei paesi). Quindi, cosa dobbiamo indagare nelle nostre pazienti per individuare un DCA oppure una disarmonia nello stile di vita? Tutti controlliamo il peso delle pazienti e valutiamo il BMI (Body Mass Index = Kg/m²). Siamo abituati a ritenere che un BMI<18,5 inquadri un sottopeso e sotto 17,5 ci possa essere AN, in realtà tali parametri possono far sfuggire alla nostra attenzione donne che presentano BMI<20 affette da un DCA, magari un EDNOS, quindi è necessario in caso di infertilità prestare adeguata attenzione a un BMI<20. Bisogna indagare sullo stile alimentare: se è cronicamente restrittivo, se la paziente mostra di valutare come peso ideale un peso irrealistico o se ha una storia di DCA. Le pazienti, una volta interrogate, sono disposte a disvelare comportamenti che spontaneamente, omettono di raccontare. Bisogna indagare sulivello e frequenza di attività fisica, soprattutto se la donna è in dieta ipocalorica o fuma, sulla scelta preferenziale di macro-nutrienti ricchi in fibre, sulla alimentazione vegetariana o vegana, sull’abuso di integratori dietetici, sull’uso di alcool, droghe, sul ritmo sonno/veglia, sui turni lavorativi e sul livello di stress percepito, tutti co-fattori di sub-fertilità che possono richiedere, per il corretto approccio, il ricorso a più specialisti (psichiatri, psicologi, endocrinologi, ecc…). Stati nutrizionali inadeguati, compromettendo la maturazione pre-ovulatoria dell’oocita, possono a cascata avere effetti negativi sulla successiva corretta fertilizzazione. È noto che l’adozione dei recenti modelli nutrizionali e di stili di vita, ricchi di componenti pro-infiammatori (notoriamente una dieta ricca di frutta e verdura, pochi carboidrati e pochi grassi è associata a un tipo di flora intestinale meno soggetta a infiammazione rispetto a un regime alimentare con più carboidrati e grassi) ha comportato, nei paesi occidentali, aumento di obesità e maggiore presenza di sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS).
La sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS) si manifesta per la diminuita sensibilità periferica all’insulina e conseguente iperinsulinemia, non solo in soggetti obesi o in sovrappeso, ma anche in soggetti magri. Pertanto, anche quando non è evidente una diminuita sensibilità all’insulina, ridurre la secrezione di insulina nei soggetti magri con PCOS aumenta i livelli di SHBG e diminuisce gli ormoni androgeni. In tali casi, quindi, gli interventi sugli stili di vita sono già in grado migliorare la probabilità di gravidanza.
E’ noto che le donne con PCOS, rispetto ai controlli, presentano un maggior consumo di cibi ad alto indice glicemico e di cibi grassi; infatti, maggiore è l’indice glicemico dei cibi consumati, tanto più severo è il fenotipo PCOS, indipendentemente dal peso.Comunque, tutti gli interventi sugli stili di vita che migliorano la resistenza all’insulina devono essere privilegiati quale prima scelta perché producono risultati a lungo termine più evidenti del solo calo ponderale in caso di obesità. L’azione dei macronutrienti della dieta sulla fertilità sembra essere in accordo con le linee guida generalmente adottate per una sana e corretta alimentazione. Risulta necessario, quindi, rinnovare gli sforzi educativi sulla popolazione, particolarmente con l’aiuto degli specialisti endocrinologi-ginecologi, per prevenire l’obesità nelle donne in età riproduttiva, come pure la magrezza, lo squilibrio energetico e la malnutrizione, tutti fattori che inducono una condizione di ridotta fertilità.