Ci si può accontentare solo dei vaccini quando si hanno a disposizione anche altre armi per combattere il Covid-19? La battaglia contro il virus potrebbe rimanere ancora impari se non si valutano anche altre opzioni terapeutiche, prime fra tutte quelle a base di anticorpi monoclonali.
L’utilizzo degli anticorpi monoclonali, già utilizzati in altri Paesi, non lo è ancora nel nostro. In effetti, anche senza approvazione dell’EMA, che necessita di più tempo non avendo un’approvazione di emergenza, i singoli Stati europei possono adottare un decreto d’urgenza e procedere all’acquisto, come ha già fatto la Germania, comprando 200 mila dosi di anticorpi monoclonali per una cifra di 400 milioni di euro.
I consulenti del Ministro della Salute, invitano l’AIFA a seguire le orme della Germania, poiché febbraio e marzo saranno i mesi più difficili da affrontare per la pandemia. Gli anticorpi monoclonali vengono prodotti anche in Italia e riducono del 70% l’aggravamento della patologia. Per di più, l’AIFA ha promosso uno studio clinico randomizzato, al fine di verificare se gli anticorpi monoclonali possano rappresentare una reale opzione terapeutica nella prevenzione della progressione del Covid-19 nei pazienti in fase precoce di malattia.
Gli anticorpi monoclonali, fino all’arrivo della pandemia, avevano tre grandi aree terapeutiche di applicazione: antinfiammatoria (artrite reumatoide, artrite psoriasica), immunosoppressiva (patologie autoimmuni, nella prevenzione del rigetto nei trapianti d’organo e nel trattamento di alcuni tipi di linfomi) e antitumorale. Si tratta di molecole biologiche prodotte in laboratorio che imitano la capacità del sistema immunitario di combattere antigeni nocivi come i virus. L’organismo viene inondato con anticorpi neutralizzanti specifici contro il Covid-19 in grado di aiutare il paziente a liberarsi dello stesso virus più in fretta e con l’ulteriore vantaggio che i monoclonali, restando in circolo ancora per qualche settimana, proteggono più a lungo dall’infezione. Di monoclonali ce ne sono diversi, alcuni già in commercio e altri in sperimentazione, come quello tutto italiano che porta la firma di un gruppo di ricercatori italiani in collaborazione con l’Istituto Spallanzani.
Tra i più noti e con maggiore efficacia c’è il monoclonale ‘bamlanivimab’ prodotto dall’azienda farmaceutica statunitense Eli Lilly, le cui dosi vengono prodotte, tra l’altro, in uno stabilimento di Latina. Negli Stati Uniti d’America la FDA ha dato via libera all’uso sperimentale degli anticorpi monoclonali dai primi di dicembre scorso riscontrando una notevole efficacia degli anticorpi, sia quando utilizzati precocemente in terapia, sia quando utilizzati in profilassi. La presenza degli anticorpi vuol dire mimare la stessa condizione di un vaccinato. Il rapporto costo/beneficio non è migliore del vaccino, ma va sottolineato che due giorni di ricovero evitati ripagano il costo dell’anticorpo. I monoclonali vanno somministrati prima possibile ai lungodegenti nelle RSA ed ai pazienti più fragili. Gli strumenti normativi però devono essere autorizzati dall’AIFA. Essendo in emergenza, per affrontare il Covid con efficacia è fondamentale una strategia integrata per avere presto le cure.
Prevenzione e terapia sono le chiavi che consentiranno di trattare il Covid come una malattia grave, senza che travolga il sistema sanitario. Naturalmente, è bene specificare che l’autorizzazione emergenziale concessa negli Stati Uniti dalla FDA prevede un livello di evidenze scientifiche inferiore rispetto all’approvazione, completa o condizionata, effettuata dall’EMA. L’AIFA è impegnata comunque a garantire, in modo chiaro e trasparente, l’accesso a tutti i farmaci di provata efficacia e sicurezza, sulla base delle migliori evidenze scientifiche, a tutela dei cittadini e della sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Si attende, quindi, con trepidazione una efficace azione integrata, per la definizione più urgente possibile dell’approvazione richiesta, al fine di ridurre gli effetti di questa triste e dolorosissima pandemia.