I ginecologi e gli endocrinologi delle rispettive società scientifiche nazionali in una lettera inviata al Ministro della Salute chiedono una nota in deroga perché il DHEA possa continuare a essere prescritto alle persone con una documentata carenza di questo ormone. Il divieto all’uso del deidroepiandrosterone (DHEA), ormone anti-invecchiamento, è contemplato nel recente decreto del Ministero della Salute che ha vietato la prescrizione e le preparazioni galeniche di tutte le sostanze classificate quali steroidi anabolizzanti androgeni.
Questa è una terapia ormonale ‘anti-invecchiamento’, una fonte di benessere per le donne in menopausa ed un trattamento essenziale per uomini e donne con deficit ipofisario, surrenalico o gonadico. Eppure, il deidroepiandrosterone oggi è un farmaco “proibito”. A sollevare il problema sono i ginecologi e gli endocrinologi delle federazioni scientifiche nazionali che chiedono una deroga all’uso di questo particolare ormone dopo il Decreto del Ministro della Salute del giugno scorso che ha vietato ai medici di prescrivere ed ai farmacisti di eseguire preparazioni galeniche contenenti le sostanze classificate steroidi anabolizzanti androgeni, tra le quali figura anche il DHEA.
Alla base del divieto del Ministero vi è, soprattutto, il timore che venga utilizzato come doping per il suo effetto anabolizzante, quale precursore del testosterone, oltre che degli estrogeni e del progesterone, con un effetto trofico sul muscolo. Per le Società Scientifiche risulta però necessario distinguere l’utilizzo illecito da quello terapeutico di un ormone che è una terapia efficace per migliaia di uomini e donne, a cui è indispensabile e urgente garantire il diritto alla cura, anche perché in Italia non esistono farmaci industriali a base di DHEA.
La proibizione della somministrazione dell’ormone, senza permettere una necessaria reintegrazione da parte degli specialisti in caso di documentata carenza, costituisce un grave danno per la salute di molti italiani, perché il calo della produzione di DHEA è inevitabile e consistente, soprattutto, nelle donne in menopausa, nelle quali può essere utile al fine di ritrovare maggiore salute e benessere psicofisico. La proibizione è, altresì, dannosa anche per tutti quegli uomini che manifestano una documentata carenza di tale ormone. Il DHEA, che viene prodotto per il 20% dall’ovaio e per l’80% dal surrene, è un precursore di tutti gli ormoni sessuali (estrogeni, progestinici e testosterone) ed è essenziale per la salute delle cellule nervose, del tessuto muscolare e dell’osso, oltre che per un buon funzionamento del sistema immunitario. La sua produzione raggiunge il picco intorno ai trent’anni per poi diminuire drasticamente, soprattutto nelle donne in menopausa in cui si riduce del 60-70%; una carenza di DHEA si può avere, ulteriormente, in entrambi i sessi per un deficit ipofisario, surrenalico o testicolare. A causa del suo effetto anabolizzante sui muscoli, il deidroepiandrosterone è considerata una sostanza dopante dal Comitato Internazionale Olimpico ed è quindi nel mirino delle autorità nelle competizioni olimpiche e nelle gare sportive internazionali più rilevanti.
Risulta, tuttavia, necessario distinguere l’uso corretto e terapeutico dell’ormone da quello illecito, facendo emergere quanto è sommerso: spesso il DHEA viene acquistato online e utilizzato da giovani atleti amatoriali o professionisti che mettono a rischio la propria salute assumendolo senza avere carenze e affidandosi a prodotti di dubbia provenienza. Questi impieghi vanno senz’altro stigmatizzati e combattuti, ma la proibizione della corretta reintegrazione in caso di carenza documentata, a dosaggi appropriati e secondo prescrizione dello specialista ginecologo, endocrinologo o andrologo, significa privare migliaia di donne e uomini italiani di un aiuto necessario per un miglior progetto di longevità e benessere in salute. Con l’appropriata reintegrazione del DHEA l’unico ormone che si riduce è il cortisolo che, altrimenti aumenta con l’età, determinando una infiammazione cronica sistemica che ne accentua precocemente il patologico invecchiamento.