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Vitamina D e fertilità maschile e femminile

Vi è stato un recente interesse per il ruolo della vitamina D nella fisiologia della riproduzione umana poiché vari risultati hanno dimostrato che il 20-52% delle donne in età riproduttiva presentano una carenza di vitamina D. Si ipotizza che la vitamina D sia importante nel processo di impianto della gravidanza poiché gli enzimi e i recettori della vitamina D sono stati trovati nell’endometrio. Inoltre, negli studi sugli animali è stato scoperto che la carenza di vitamina D causa riduzione della fertilità, ipogonadismo e ipoplasia uterina. Nell’uomo l’importanza della vitamina D nella funzione placentare è l’aspetto più studiato nella riproduzione. In particolare, la carenza di vitamina D è stata collegata a una scarsa placentazione, portando a disturbi ipertensivi nella gravidanza (pre-eclampsia e ipertensione indotta dalla gravidanza) e riduzione della crescita fetale.

Più recentemente è stato proposto che la vitamina D possa essere un regolatore dell’impianto iniziale dell’embrione e che un impianto improprio, a causa della carenza di vitamina D, sia causa di aborto. La nostra principale fonte di vitamina D, un ormone steroideo liposolubile, proviene dalla luce solare. Solo una piccola quantità è ottenuta dalla nostra dieta. La maggior parte della vitamina D del corpo è sotto forma di vitamina D3 che è sintetizzata fotochimicamente nella pelle. Gli esperti di nutrizione hanno suggerito che le persone sono a rischio degli effetti dannosi della carenza di vitamina D3 a concentrazioni sieriche inferiori a 20 ng/ml. La revisione sistematica di undici studi suggerisce che le probabilità di ottenere un test di gravidanza positivo e una gravidanza clinica dopo le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sono maggiori nelle donne che hanno concentrazioni di vitamina D nella norma rispetto a quelle che ne sono carenti o insufficienti. Pertanto, sarebbe più conveniente misurare la concentrazione di vitamina D nelle donne sottoposte a PMA prima dell’inizio del trattamento per garantire la correzione della carenza per il tempo necessario.

Questi studi hanno mostrato che la probabilità di avere un test di gravidanza positivo, dopo il trasferimento dell’embrione, era più alta nelle donne con valori di vitamina D nella norma. Ciò sosterrebbe l’ipotesi che la vitamina D influenzi l’impianto dell’embrione ed il suo impatto sull’immunomodulazione all’interno dell’endometrio comporta una riduzione delle citochine infiammatorie attive. L’espressione dei recettori della vitamina D a livello dell’endometrio e il ruolo della vitamina D nella trascrizione del gene HOX10A, considerato di fondamentale importanza nell’impianto, suggeriscono che gli effetti immunomodulatori della vitamina D possono avere un impatto diretto sull’impianto e, quindi, una maggiore probabilità di successo del trattamento riproduttivo.

Per quanto riguarda la fertilità maschile, la carenza della vitamina D porterebbe ad alterazione della motilità, numero e morfologia degli spermatozoi. Per avvalorare l’ipotesi sono state evidenziate variazioni stagionali nei tassi di concepimento, con tassi di concepimento più elevati riscontrati in estate e in autunno. È possibile che un aumento dell’esposizione al sole ed una maggiore irradiazione di luce solare aumentino la riserva di vitamina D dell’organismo producendo così tassi di più elevati in queste stagioni.

È stato, altresì, riscontrato che l’etnia è un marker prognostico per il successo del trattamento di fecondazione in vitro, in quanto in donne di origini etniche afro-americane e asiatiche gli esiti riproduttivi sono peggiori. Una possibile spiegazione di tale risultato potrebbe essere la riduzione delle concentrazioni sieriche di vitamina D in questi gruppi etnici o le differenze nei polimorfismi del gene del recettore della vitamina D.

Pertanto, può essere utile diagnosticare preventivamente e trattare la carenza di vitamina D nelle donne che pianificano tecniche di procreazione medicalmente assistita per ottimizzare i risultati di successo di una possibile gravidanza. La correzione della carenza di vitamina D in questi soggetti sarebbe utile anche durante la gravidanza, poiché risulta che le concentrazioni di vitamina D nella norma riducono il rischio di complicanze ostetriche come il diabete gestazionale, la pre-eclampsia e i difetti di crescita fetale.

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