L’ipertensione arteriosa viene subito qualificata negli uomini con la diagnosi di ipertensione, ma nelle donne viene spesso erroneamente definita o confusa con una condizione di stress o correlata alla sintomatologia secondaria alla menopausa con evidente ritardo nella definizione diagnostica e terapeutica. Questo risulta essere uno dei classici esempi degli atteggiamenti dei medici da modificare e migliorare nell’approccio alla salute cardiovascolare della donna e, soprattutto, ribadisce sostanzialmente l’insufficiente applicazione multidisciplinare della medicina genere-specifica quale rigorosa metodologia di intervento nell’ambito della tutela della salute. Su questo tema alcuni Colleghi hanno pubblicato un documento di consenso realizzato con la partecipazione di cardiologi, endocrinologi e ginecologi.
Cambiamenti ormonali e salute del cuore
Le donne subiscono importanti cambiamenti ormonali, nel corso della loro vita, che possono avere un impatto sul rischio di comparsa di malattie cardiovascolari. Mentre i tradizionali fattori di rischio dominano in età avanzata, vi sono alcuni fattori di rischio cardiovascolari più specifici per le giovani donne e per quelle di mezza età. Pertanto, i medici dovrebbero intensificare i controlli della pressione arteriosa nelle donne di mezza età.
Sino al 50% delle donne sviluppa l’ipertensione arteriosa prima dei 60 anni, ma i sintomi vengono spesso erroneamente confusi ed attribuiti alla condizione della menopausa. Risulta evidente, quindi, che si debba attentamente valutare le pazienti di sesso femminile in modo differente dagli uomini e con adeguata professionalità e preparazione specialistica; ne consegue che non solo si debbano conoscere e rendere note le informazioni sul livello di colesterolo, ma individuare approfonditamente le modificazioni metaboliche ed ormonali presenti nella loro condizione. Riservando una più adeguata attenzione a tale stato, potrà essere consentito di classificare le donne di mezza età come pazienti ad alto o basso rischio di malattie cardiovascolari ed intervenire più perentoriamente sul loro stato di benessere.
Altresì, andranno considerate anche le condizioni peculiari, come la gravidanza e la menopausa, che influiscono significativamente sul rischio di sviluppare tali patologie negli anni successivi. L’ipertensione arteriosa durante la gravidanza, infatti, è un segnale di avvertimento che prelude alla comparsa precoce dell’ipertensione con il successivo avvento della menopausa ed è, altresì, associata ad un maggior rischio di demenza nei decenni successivi; tutte queste condizioni risultano predittive e, se conosciute, ne delineano una migliore e più adeguata correzione e controllo del rischio cardiovascolare nel futuro dei soggetti interessati, migliorandone la spettanza di vita. Quando l’ipertensione arteriosa non viene curata precocemente, nella quarta o quinta decade di vita delle donne, si avranno problemi nelle successive decadi di vita, intorno ai 70 anni circa, quando l’ipertensione diviene un problema più complesso e difficile da trattare. La pre-eclampsia è accomunata ad un aumento di circa quattro volte superiore di incidenza dell’insufficienza cardiaca e dell’ipertensione arteriosa, ma anche associata ad un rischio raddoppiato di ictus.
Le donne che hanno una menopausa naturale precoce, cioè non chirurgica, prima dei 40 anni hanno anche maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari; infatti, ogni anno di anticipo dell’avvento della menopausa è associato ad un incremento del rischio cardiovascolare del 3%. Inoltre, tutte le condizioni infiammatorie autoimmuni come l’artrite reumatoide ed il lupus eritematoso sistemico risultano più frequenti e comuni nelle donne, rispetto agli uomini, aumentandone il rischio cardiovascolare intorno all’epoca della menopausa.
I consigli per le donne transgender
Il documento di consenso, peraltro, fornisce anche alcuni consigli per le donne transgender, cioè quelle persone di sesso maschile alla nascita. Difatti, queste donne hanno bisogno di una terapia ormonale per il resto della loro vita ed il rischio tromboembolico aumenta nel corso del tempo. Si afferma, altresì, che le donne transgender dovrebbero sempre essere incoraggiate a ridurre i rischi dello stile di vita modificabili, pur riconoscendo i benefici psicosociali della terapia ormonale correlata con la migliore immagine corporea.
Il minuzioso e adeguato approccio alla persona e la consensuale interazione multidisciplinare, se possibile multi-specialistica, tra endocrinologi-ginecologi e cardiologi gioverà alla precoce terapia dei soggetti esaminati ed alla conseguente meticolosissima prevenzione ed accurato follow-up delle donne trattate.