La diagnosi di deficit di ormone tiroideo in gravidanza può essere difficile. Il TSH sierico diminuisce nel primo trimestre di gravidanza in conseguenza dell’aumento fisiologico della gonadotropina corionica umana e della conseguente stimolazione del rilascio dell’ormone tiroideo. L’utilizzo dell’intervallo di riferimento normale per il TSH per la popolazione generale non è in grado di identificare oltre il 10% delle donne con disfunzione tiroidea, nel primo trimestre, ed il circa 7% nel secondo trimestre di gravidanza.
Pertanto, le attuali linee guida suggeriscono di considerare un intervallo di riferimento specifico per ogni trimestre di gravidanza sia per il TSH, sia per gli ormoni tiroidei. Inoltre, le linee guida internazionali raccomandano di essere prudenti nell’interpretazione dei livelli sierici di FT4 durante la gravidanza. La comparsa di ipotiroidismo in gravidanza può aumentare il rischio di gestosi ed essere responsabile del distacco intempestivo di placenta, basso peso alla nascita ed aumentato rischio di emorragia nel post-partum. Il passaggio transplacentare di tiroxina dalla madre al feto è molto importante per lo sviluppo cerebrale. L’ipotiroidismo materno non trattato può impedire il corretto sviluppo del sistema nervoso fetale dal momento che nelle prime settimane di gestazione la tiroide del feto non è ancora funzionante. L’ipotiroidismo combinato materno, fetale e neonatale provoca un danno irreversibile dello sviluppo neurologico ed intellettivo, che nella sua forma più grave configura il quadro clinico del cretinismo endemico.
Dopo il parto, altresì, può anche svilupparsi una tiroidite post-partum. Questa condizione si verifica in circa il 5-10% delle gravidanze ed è difficile da riconoscere perché spesso si pensa erroneamente che i sintomi siano collegati allo stress del parto o a disturbi dell’umore nel post-partum. La funzione tiroidea in genere ritorna nella norma entro 12-18 mesi dall’inizio dei sintomi; tuttavia, è possibile lo sviluppo di un ipotiroidismo permanente.
Le linee guida di varie società scientifiche specialistiche di endocrinologi clinici e ginecologi hanno valutato la necessità di sottoporre a screening della funzione tiroidea le donne in gravidanza, identificando specifiche caratteristiche di pazienti ad alto rischio di disfunzione tiroidea. La funzione tiroidea gioca un ruolo chiave nella follicolo-genesi, nel processo ovulatorio e, di riflesso, nel corretto sviluppo della fase luteale. La patologia tiroidea può, quindi di conseguenza, riflettersi in anomalie del ciclo mestruale ed avere un rilevante impatto sul potenziale riproduttivo. È necessario, pertanto, che endocrinologi e ginecologi concordino, con l’adeguata esperienza professionale maturata, nelle linee terapeutiche di gestione della paziente tireopatica desiderosa di prole.
Per questi motivi, l’indirizzo verso un counseling multidisciplinare di un plurispecialista endocrinologo e ginecologo ha come obiettivo un differente approccio al riconoscimento e al trattamento dell’ipotiroidismo in epoca pre-concezionale, in gravidanza e nel post partum, allo scopo di condividere una accurata gestione delle pazienti ipotiroidee, per un valido e corretto percorso di cura privo di eventi avversi, a tutela del benessere della donna.