Il miglioramento delle possibilità terapeutiche attualmente disponibili ha determinato, a fronte di più ampie prospettive di guarigione, un incremento dei casi di menopausa precoce e di compromissione irreversibile della fertilità nelle pazienti oncologiche a causa dell’effetto gonadotossico dei trattamenti antitumorali.
Tra le tecniche di preservazione della fertilità femminile la crioconservazione e il ritrapianto del tessuto ovarico si sono dimostrati tecniche promettenti. I dati presenti in letteratura mostrano, infatti, una ripresa della funzione endocrina dell’ovaio in seguito al ritrapianto ovarico e molte pazienti hanno poi concepito naturalmente, senza la necessità di rivolgersi a centri di procreazione medicalmente assistita. La crioconservazione del tessuto ovarico rappresenta, inoltre, l’unica opzione possibile di preservazione della fertilità per le pazienti prepuberi e per le pazienti affette da tumori ormono-sensibili che non possono sottoporsi a cicli di stimolazione ormonale per il recupero e la successiva crioconservazione degli ovociti. Tuttavia, per alcune patologie tumorali, come ad esempio le leucemie, esiste il rischio di reintrodurre, con il ritrapianto, le cellule maligne presenti nel tessuto crioconservato. Negli ultimi anni è stato, quindi, sviluppato il concetto di ovaio artificiale al fine di ripristinare la fertilità delle pazienti che, a causa dell’alto rischio di reintrodurre la malattia, non possono sottoporsi alla crioconservazione e al ritrapianto del tessuto ovarico.
Per ovaio artificiale s’intende una matrice biocompatibile e biodegradabile in cui i follicoli e le cellule stromali ovariche possono essere incapsulati e trapiantati. Numerosi polimeri sono stati testati per la sua realizzazione e per il successivo ritrapianto nel modello animale. Inizialmente è stata utilizzata una matrice di collagene come supporto per l’ovaio artificiale, ottenendo la crescita e lo sviluppo dei follicoli ovarici in essa incapsulati.
Dopo aver testato diverse combinazioni di fibrinogeno e trombina è stato, quindi, sviluppato un supporto di fibrina che, rispetto alla matrice di collagene, mostrava un tasso di degradazione maggiore e un processo di rivascolarizzazione più attivo. Negli anni scorsi per la realizzazione dell’ovaio artificiale è stata infine testata una matrice di alginato che, rispetto ai supporti di collagene e di fibrina, sembrerebbe fornire un microambiente più consono per la crescita e lo sviluppo dei follicoli ovarici.
L’ovaio artificiale potrebbe, quindi, rivelarsi nel prossimo futuro un valido strumento nei programmi di preservazione della fertilità femminile grazie ai continui progressi della bioingegneria finalizzati alla identificazione della matrice migliore. I risultati ottenuti dai diversi gruppi di ricerca che stanno lavorando alla sua realizzazione sono incoraggianti; tuttavia, c’è ancora una lunga strada da percorrere prima dell’impiego in ambito clinico dell’ovaio artificiale. Secondo alcuni ricercatori, infatti, saranno necessari diversi anni per replicare e validare, anche nell’uomo, i risultati finora ottenuti.