Le infezioni persistenti da papilloma virus (HPV: Human Papilloma Virus) possono essere la causa di neoplasie di tipo orofaringeo, genitale ed anale. Il 99% dei tumori della cervice uterina, ad esempio, è dovuto ad infezioni da HPV. Esistono circa 100 ceppi differenti di HPV e per i più comuni è stato sviluppato un vaccino in grado neutralizzare il virus e, quindi, prevenire la neoplasia. Il vaccino è stato introdotto negli Stati Uniti ormai dal 2006 e la versione quadrivalente (4vHPV) è stata consigliata come vaccinazione di routine nelle ragazze tra gli 11 e i 12 anni.
A partire dal 2011 la vaccinazione è stata allargata anche ai giovani di sesso maschile. A distanza di più di una decade, i risultati di questa vaccinazione sono stati oggetto di uno studio, condotto in diversi centri negli Stati Uniti, recentemente pubblicato su Annals of Internal Medicine. Nell’articolo, i ricercatori hanno stimato l’impatto e l’efficacia della vaccinazione 4vHPV sull’infezione da papilloma virus raccogliendo dati a partire dall’epoca prevaccinazione. Lo studio ha incluso 3197 femmine e 661 maschi di età compresa tra i 14 e i 24 anni, sessualmente attivi. L’efficacia è stata calcolata dal confronto tra vaccinati e non-vaccinati nello stesso arco temporale. Nei 12 anni di vaccinazione valutati è emerso che vi è una riduzione del 90% delle infezioni da HPV della cervice uterina nelle femmine vaccinate rispetto all’epoca pre-vaccino e che una riduzione del 74% si è registrata anche nelle femmine non vaccinate. Questi risultati sottolineano due fattori importanti, ovvero che il vaccino è altamente efficace e che è in grado di conferire alla popolazione un’immunità di gregge. A contribuire a questa immunità è probabile che concorra anche la vaccinazione maschile. La riduzione di incidenza delle infezioni riguarda esclusivamente i ceppi virali coperti dal vaccino quadrivalente, mentre non vi è alcuna differenza per quanto riguarda la frequenza di infezione dovuta ad altri ceppi di papilloma. Questi dati sono rilevanti in quanto dimostrano che le infezioni dovute ai ceppi coperti dal vaccino non sono state rimpiazzate da infezioni di altri ceppi, spazzando via una delle iniziali preoccupazioni riguardanti la vaccinazione di massa. Gli autori riportano, inoltre, che altre variabili come il numero di partner sessuali sono rimaste inalterate. Dunque, non vi è una variazione nel rischio di contrazione del virus, ma solo una riduzione del numero di infezioni, dovuta alla somministrazione del vaccino. I ricercatori sollevano, altresì, il problema dell’impatto del Covid-19 sulla vaccinazione dei giovani. La pandemia ha di fatto invertito il trend di incremento nei vaccinati per l’HPV. Infatti, anche tornando ai livelli normali di vaccinazione oggi bisognerà recuperare quanto perso dei due anni precedenti.
Non dobbiamo tuttavia sprecare l’opportunità di immunizzare una generazione in cui i tumori dovuti al papilloma possono essere prevenuti, come è stato comprovato da questo studio, ma dobbiamo incentivarla anche per la grande opportunità, presente sul mercato negli ultimi anni, data dal nuovo vaccino in somministrazione attualmente: un vaccino 9-valente (9vHPV) costituito da Proteina L1 di nove tipi di HPV prodotte sotto forma di particelle simili al virus mediante tecnologia da DNA ricombinante che offre protezione contro nove tipi di infezione da HPV, come dimostrato in vari studi. La platea di protezione, altresì, si è allargata ulteriormente in forza dell’attuale consapevolezza da parte di tutti che il vaccino deve essere somministrato anche agli uomini, in modo da coprire efficientemente una protezione contro la trasmissione del virus in tutti i soggetti sessualmente attivi. Un incremento di tali buone pratiche di prevenzione in medicina deve essere sostenuto e incentivato anche da tutti gli specialisti che si occupano di patologia di coppia.