Negli ultimi decenni le neoplasie della tiroide rappresentano una delle diagnosi oncologiche più diffuse nei paesi occidentali. Al contrario, non si è avuto un parallelo aumento della mortalità tumore-specifica, perché è aumentata prevalentemente la diagnosi di carcinoma papillare, il meno aggressivo degli istotipi.
Il sensibile incremento delle neoplasie tiroidee è stato attribuito, di volta in volta, al miglioramento della sensibilità degli strumenti diagnostici, a una varietà di fattori ambientali, quali l’esposizione a radiazioni o al forte aumento dell’obesità, particolarmente in età pediatrica. Partendo dalla possibile influenza dei fattori ambientali, è stato condotto uno studio in cui si è valutata l’incidenza del tumore della tiroide nei lavoratori (prevalentemente vigili del fuoco e personale sanitario) impegnati nelle fasi di salvataggio e recupero, successivi all’attacco terroristico al World Trade Center (WTC) di New York nel 2001 confrontata con una coorte di riferimento in altra sede.
È stata arruolata una coorte di circa 15000 maschi (le donne sono state escluse dallo studio per il loro esiguo numero) osservata fino al 31 dicembre 2018. Questi pazienti, come parte di un programma di sorveglianza di possibili malattie respiratorie, hanno effettuato indagini mirate ogni 12-18 mesi (soprattutto mediante TC e RM). Sono stati considerati solo i casi di tumore accertato e suddivisi sulla base della loro esposizione sul posto, cioè dal momento di intervento in fase iniziale o tardiva. Lo studio ha registrato un aumento significativo dell’incidenza dei tumori tiroidei nei lavoratori impegnati nel soccorso del WTC; però essendo una indagine di coorte retrospettiva presenta diversi limiti, quali il riscontro della patologia tiroidea incidentale. Questo comporta il rischio che molti dati possano essere stati persi. Infine, la popolazione considerata è esclusivamente maschile, mentre nella popolazione generale la neoplasia è nettamente più diffusa nel sesso femminile.
L’articolo, pubblicato su Jama, fornisce spunti per una riflessione su un problema gestionale molto sentito, ma non risolto, su quale sia il giusto grado di approccio ed intervento per la diagnosi e la terapia per la patologia non sintomatica della tiroide. Possiamo sicuramente dire che lo screening della patologia tiroidea, alla luce delle valutazioni in termini economici e clinici, appare alquanto dispendioso; meno certezze si hanno riguardo il riscontro incidentale di patologia d’organo. In tal caso, sembra appropriata una rivalutazione ecografica scrupolosa, visto che le caratteristiche nodulari sospette per malignità non sono applicabili alle immagini TC o RM.
Quindi, per gli specialisti la conclusione, regolata dalla stabilità della mortalità per tumore tiroideo, può essere letta in modo ambivalente: se da un lato non è peggiorata l’aggressività dei tumori tiroidei, a differenza delle altre patologie oncologiche sensibili agli screening, in cui si è osservata una riduzione della mortalità, nel caso della tiroide, la diagnostica sempre più sensibile non è stata seguita da una ulteriore riduzione della stessa mortalità. Pertanto, la questione è destinata a rimanere aperta in attesa di evidenze più rilevanti e consistenti scientificamente, insieme a percorsi di follow-up più approfonditi e protratti. L’esperienza clinica dello specialista endocrinologo modulerà in maniera analitica e minuziosa i possibili interventi diagnostici e terapeutici con accurata modalità caso-specifica.